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Carla Enrica Spantigati (Alessandria, 1947 – Torino, 2025)

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Resta difficile e, per chi scrive particolarmente doloroso, perimetrare in poche righe che cosa abbia rappresentato Carla Enrica Spantigati (Alessandria, 1947 – Torino, 2025) per il patrimonio artistico piemontese e italiano: il rischio più scontato è quello di affastellare ruoli e funzioni, cariche e incarichi, libri e mostre per perdere di vista, nelle commemorazioni di circostanza, l’essenza stessa del suo impegno e, quel che è più importante, dei suoi insegnamenti. Perché, in definitiva, ciò che ci ha lasciato realmente in eredità è un altissimo magistero, che non è passato attraverso le aule universitarie, ma ha saputo raggiungere e accompagnare i suoi collaboratori nel cammino quotidiano del lavoro di tutela.

 

Dalla centralità dell’impegno scientifico e culturale alla preparazione tecnica sui restauri, dall’organizzazione degli uffici fino alla gestione dei rapporti istituzionali, non c’è praticamente aspetto dell’attività interna a una Soprintendenza storico-artistica, di cui Carla Enrica Spantigati non abbia saputo  lasciare un modello paradigmatico e sempre attuale. Anche parole oggi comuni nella comunicazione ministeriale, come ‘valorizzazione’ o ‘managerialità’, erano per lei concetti ovvi e, ciò che più importa, calati nella realtà e nella cultura dell’ufficio, praticati ed applicati più che non teorizzati. Lo stesso ‘team building’  era per lei un fatto scontato e ovvio, anche quando il ‘team’ era di gestione quantomeno laboriosa. Basti ricordare le riunioni del giovedì, in cui i funzionari tecnici si riunivano e discutevano con lei problemi, situazioni, novità e progetti con un’ottica di condivisione degli obiettivi: la professionalità e l’autorità tecnica di Spantigati uscivano irrobustite ed arricchite in uno scambio continuo per il comune vantaggio.

 

Il cursus honorum di Spantigati inizia nel 1976 con il suo ingresso nei ruoli del Ministero presso la Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici del Piemonte, con l’incarico della tutela per la provincia di Alessandria, sua città natale (dopo essersi iscritta all’Università di Milano, si era poi laureata a Torino). Le mostre e i relativi cataloghi di Inventario trinese (Trino Vercellese, 1980, con Amilcare Barbero) e diPio V e Santa Croce di Bosco. Aspetti di una committenza papale (Alessandria, 1985, con Giulio Ieni) sono ancora oggi insostituibili strumenti, anche e soprattutto metodologici, e, nello stesso tempo, ci parlano di un sistema di lavoro e di ricerca che affronta i temi territoriali, gettando le basi per catalogazioni e restauri, con una percezione realmente sistemica e integrata del bene culturale. Quando ancora non c’era scissione tra museo e territorio all’interno dell’amministrazione statale del patrimonio artistico, riceve nel 1982 anche l’incarico di seguire, in una stagione di gestione collegiale della Galleria Sabauda, le collezioni di pittura fiamminga e olandese; di qui, due importanti filoni di ricerca che accompagneranno Spantigati fino alla fine della carriera, destinati anche a sfociare anche in prestigiosi appuntamenti internazionali: le indagini sulla tavola con le Stimmate di San Francesco di Jan van Eyck e le ricerche sulle collezioni del principe Eugenio.

 

Nel 1995, vincitrice di concorso, Spantigati è Soprintendente per i beni artistici e storici per il Piemonte: da questo momento inizia per l’ufficio torinese un momento di grande sviluppo e di espansione, riuscendo a dialogare, sempre in modo costruttivo, con tutti i soggetti istituzionali. I progetti e i risultati conseguiti si moltiplicano: i restauri a palazzo Carignano, sede della Soprintendenza torinese, che gettano gli indispensabili presupposti per quella pubblica fruizione della residenza; il riordino delle collezioni della Galleria Sabauda e dell’Armeria Reale; il faticoso recupero di Villa della Regina, riscattata da un lungo e rovinoso abbandono: la residenza, una volta riaperta e riallestita, sarà la terza sede affidata in consegna all’ufficio; i restauri alla Reggia di Venaria e la nascita del Centro di Conservazione e Restauro, che sarà l’ultimo suo impegno nel fondare su basi articolate e ben strutturate l’azione della tutela in Piemonte anche dal punto di vista della formazione per i restauratori; l’impresa, per molti versi faticosa e difficile, del trasferimento della Galleria Sabauda dall’Accademia delle Scienze alla Manica nuova del palazzo Reale.

 

L’agire di Spantigati non si è però fermato nei grandi progetti ed è nota la puntiforme attenzione, dedicata,  al fianco dei funzionari, ai problemi della tutela territoriale, risolvendo sempre con un’indicazione o un consiglio le situazioni più complesse oppure appoggiando, sempre con entusiasmo, tutte le iniziative culturali – volumi, studi, convegni, mostre – che crescevano in ogni angolo del Piemonte, senza gerarchie e senza smanie di presenzialismo: per lei avevano lo stesso peso tanto la mostra per la riapertura della Reggia di Venaria, quanto la nascita del Museo di Arte Sacra di Acceglio. Testimoniano, infine, il suo ininterrotto interesse per Alessandria e la sua provincia non solo l’aver seguito in prima persona alcuni importanti appuntamenti, come la riapertura dei Musei Civici di Casale (1998) o il restauro della cappella del Paradiso nel Sacro Monte di Crea, ma anche la direzione scientifica nella collana delle monografie, edite dalla Cassa di Risparmio (poi Fondazione CRA) e dedicate alle principali emergenze monumentali ed artistiche del territorio, ancora oggi un passaggio ineludibile per le ricerche storico-artistiche locali. Senza dimenticare l’appoggio sostanziale che ha dato, ormai in pensione, alla mostra Alessandria scolpita (Alessandria, 2019).

 

Proprio negli ultimi anni il Ministero la chiama a un compito che ha del sovrumano: accanto alla Soprintendenza di Torino e al Centro di Restauro appena costituito, Spantigati  deve così reggere, con un interim, anche l’ufficio di Milano, nel momento in cui sta nascendo la Grande Brera. Non so quanti oggi ricordino che l’avvio di un progetto così complesso e importante per il panorama museale italiano sia partito proprio da lei e dalla sua straordinaria capacità scientifica e organizzativa. La sua settimana, negli ultimi anni della sua attività, era così scandita: il lunedì e il martedì a Torino, il mercoledì e il giovedì a Milano, il venerdì a Venaria. Un’agenda terrificante affrontata con generosa disponibilità fino al collocamento a riposo, giunto quasi inaspettatamente - per le continue modifiche della soglia di età pensionabile - all’inizio del 2010, quando ancora tanto, in termini di esperienza e di competenza, avrebbe potuto dare.

 

E l’elegante, definitiva discrezione con la quale è uscita di scena è stata l’ultima impareggiabile lezione che ci ha lasciato.

 

Un ricordo di Massimiliano Caldera

a nome del personale Sabap AL –AT CN